Coronavirus: prospettive future della birra artigianale!

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Alcune riflessioni in seguito alla pubblicazione del sondaggio dell’ Associazione Le Donne della Birra.

di Chiara Andreola

In questi giorni è giunto nella mia disponibilità uno strumento per analizzare meglio quanto avevo già discusso in questo post (ossia le prospettive che si aprono per i birrifici artigianali in seguito alla serrata per coronavirus).
I risultati del sondaggio realizzato dall’Associazione Le Donne della Birra, dal titolo “Birra e nuovi stili di consumo“.
Va precisato che non si tratta di un’indagine statistica (e quindi effettuata su un campione rappresentativo scientificamente costruito) ma di un sondaggio, ossia una serie di domande fatta circolare al largo; però si tratta comunque di dati di interesse in quanto non solo la sostanziale totalità dei rispondenti consuma birra (ma dai, direte voi), ma quasi l’80% consuma birra artigianale; l’85% consuma birra una o più volte a settimana, con un terzo dei rispondenti operatori di settore (birrai, distributori, publican, sommelier, ecc) e poco più di un quinto homebrewer.
Insomma, lo “zoccolo duro” della platea a cui si rivolgono i birrifici artigianali italiani, e le cui opinioni e comportamenti rivestono di conseguenza particolare rilevanza.
Innanzitutto, va notato che solo il 23,5% ha diminuito i propri consumi di birra in quarantena: quasi la metà l’ha mantenuta invariata, e il 31% l’ha addirittura aumentata.
Per quanto questo non ci dica nulla sulle vendite totali di birra, ci fa comunque capire che, almeno gli appassionati, non si sono fatti scoraggiare – e anzi, hanno probabilmente colto il lockdown come ragione in più per sostenere i birrifici loro cari.

Nel mio post mi ero però concentrata in particolare sul tema consegne a domicilio e e-commerce: e su questo fronte i dati sono netti.

Se prima del lockdown solo il 10,5% dei rispondenti acquistava birra dai siti di birrifici, pub o beershop, e l’11% da piattaforme di e-commerce, dopo la serrata queste percentuali sono salite rispettivamente al 39% e al 22,5%, per il 61,5% di rispondenti in totale che afferma di aver fatto acquisti online.
Balzo in avanti prevedibile, ma ciò che è interessante sono le prospettive future: il 52% degli intervistati ha risposto che vi farà ricorso in futuro sicuramente su base regolare o qualche volta, e il 19% che forse lo farà.
Un netto cambiamento delle intenzioni di consumo, se contiamo che solo il 21% afferma di aver fatto ricorso all’e-commerce in epoca pre-Covid.
I margini per gli aumenti totali dei consumi a cui facevo riferimento nel mio post probabilmente si annidano in quel 28,6% che prevede di far ricorso all’e-commerce “qualche volta”, facendo intuire che intende affiancarlo all’abitudine di frequentare pub e tap room; e, se oltre l’80% degli interpellati ha risposto che la birra significa “condivisione e svago”, c’è di che ritenere improbabile un passaggio totale dal bere la birra nei locali al bersela chiusi in casa.

Ma anche se gli aumenti totali non ci dovessero essere, non ci sono dubbi (se mai ci fossero stati) sul fatto che i birrifici debbano d’ora in poi attrezzarsi per questa modalità di vendita (cosa che prima non sempre si verificava), direi che ora non li ha più.

Del resto, tutti i birrai con cui ho avuto modo di parlare affermano di voler mantenere e-commerce e consegna a domicilio (o il rafforzamento che hanno messo in campo in questo senso durante la serrata) almeno nel medio periodo, anche perché gli ordini tramite questo canale sono per ora sostanzialmente costanti rispetto al lockdown.
Certo si impone un ricalibramento delle strategie perché il delivery impone minor marginalità e difficoltà logistiche non indifferenti, però se la virata in questo senso sarà, come pare, abbastanza stabile, potrebbe non essere un male.

L’e-commerce poi ha anche cambiato la qualità del consumo, stimolando a provare birre nuove – che magari non si conoscevano perché non erano disponibili nel proprio pub di fiducia, o non erano di birrifici locali abitualmente frequentati: un altro punto che sollevavo nel post, unitamente alle considerazioni sull’uso delle iniziative di comunicazione via social network – canale da cui oltre la metà degli intervistati riceve informazioni in questo campo.

Significativo anche che 7 su 10 intervistati affermino di essere disponibili ad ordinare anche birre sconosciute.

C’è poi un altro dato che a mio avviso vale la pena sottolineare. Il 43% degli intervistati afferma di aver acquistato birra anche dalla gdo, contro il 36% pre-lockdown: prevedibile nella misura in cui il supermercato è stato per due mesi sostanzialmente la nostra unica frequentazione, e di nuovo una carta in più in mano a quei birrifici artigianali presenti anche su quegli scaffali – dato che, se il 77% dei rispondenti afferma di aver acquistato birre artigianali, è lecito dedurre che siano andati a cercare prima di tutto quelle.

Insomma, gli spunti di riflessione per ripartire sono molti, e altri ancora ce ne sarebbero. Personalmente, mi confermano la sensazione già avuta che i cambiamenti imposti dal lockdown saranno almeno in parte permanenti, e che sta ai birrifici usarli in loro favore dopo averli analizzati.

Ringrazio l’Associazione Le Donne della Birra per questa iniziativa.
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