Italian Craft Beer Trends

Dove sta andando la birra artigianale italiana? È la domanda a cui ha voluto dare una risposta la prima edizione di Italian Craft Beer Trends, report annuale curato da Cronache di Birra, e basato sull’analisi delle nuove birre censite nel 2024 sul portale Whatabeer.

Il report Craft Beer Trends di Cronache di Birra è stato presentato a Rimini durante a Beer & Food Attraction 2025.

Non si tratta quindi di uno studio che intende dare una panoramica sulle birre consumate nel complesso, bensì individuare quelle che sono le tendenze di mercato sulla base della direzione in cui l’offerta dei birrifici si sta muovendo.

Un’elaborazione di dati che vuole poi, per dirla con il fondatore e direttore editoriale di Cronache di Birra Andrea Turco, dare una base concreta a quelle che sono le “sensazioni” che ciascun operatore del settore può avere in proposito.

In quanto a “sensazioni”, una delle prime che trova la conferma dei numeri è quella che ci si stia muovendo verso birre di più facile bevuta e semplicità stilistica: circa la metà delle quasi 700 novità lanciate (segnale di vitalità creativa del settore, con un +19% sul 2023 e più che raddoppiate rispetto al 2021) da 211 birrifici (+14%) è riconducibile alle luppolate, in particolare alle American Ipa (di gran lunga lo stile più prodotto con quasi 120 referenze), e alle lager mitteleuropee.

Curioso che, nonostante questo, la seconda categoria più prodotta in termini assoluti sia quella delle birre speziate, oltre una settantina.

Coerentemente con la crescita delle lager mitteleuropee, è da notare la tendenza all’aumento delle birre a bassa fermentazione: contavano infatti per meno del 20% nel 2021, mentre ora hanno superato il 25.

In quanto ai luppoli, per quanto quello di gran lunga più utilizzato sia stato il Citra, a crescere maggiormente sono i luppoli del Pacifico; mentre calano quelli europei nonostante la buona performance delle lager continentali (il che può essere letto come un segnale della tendenza alla “rilettura” delle lager tedesche e ceche in chiave di luppolatura d’oltreoceano: lo storico Saaz, per fare un esempio, è solo quattordicesimo).

Contropartita di questa evoluzione è, come facilmente intuibile, il calo delle tipologie più “impegnative” – anche sotto il profilo alcolico, ma in primo luogo organolettico: le belghe su tutte, ma anche le Iga, pur rimanendo una tipicità italiana.

Se un rapido giro in fiera poteva portare a dare il titolo di “Low and no alcohol” in quanto alle nuove offerte per il 2025, almeno per il 2024 la tendenza non è stata così soverchiante come si sarebbe potuto pensare: la gradazione alcolica media delle 700 birre censite è stata del 5,82%, appena sotto il 5,89 del 2023.

È altrettanto vero però che la decrescita dal 2021 è stata costante, per quanto lenta, ed è quindi lecito aspettarsi che prosegua – anche se da lì a dire che il futuro è analcolico ce ne passa.

Significativo che siano in crescita costante anche le collaborazioni, con quasi il 20% delle nuove birre che portano più di una firma: unire le forze, che siano economiche o intellettuali, pare quindi essere cosa che piace.

Alla luce di questo, il report individua tre possibili tendenze per il 2025: la maggiore convergenza verso le birre analcoliche e a basso tenore alcolico (queste ultime ritenute più “promettenti”, date le difficoltà insite nella produzione delle prime) anche alla luce del nuovo codice della strada; la conferma delle birre di bevuta “facile”, luppolate e di bassa fermentazione in particolare; e la leggera ma costante crescita dei luppoli del Pacifico.

“In generale l’auspicio è che anche nel 2025 il settore della birra artigianale si dimostri dinamico e resiliente – ha concluso Andrea Turco -.

Non sarà un anno facile, ma per le sue caratteristiche l’ambiente è in grado di adattarsi velocemente ai mutamenti in atto. Il piacere che è in grado di offrire un boccale di birra è qualcosa di intramontabile, che resisterà sempre alle evoluzioni della società e al gusto dei consumatori. È importante tenere sempre a mente questo banale ma importantissimo assioma”.

di Chiara Andreola

 

 

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