In via della Sibilla 13 incontriamo Gianmarco che, con la sua famiglia, gestisce il Black Sheep
Un locale “pecora nera” che realmente si differenzia dal gregge perché è piccolo, 35 posti a sedere, ben arredato, carta da parati stile english e forte prevalenza del country, con un’offerta molto selezionata di beverage e food. Una delle proposte sono i cocktails, pochi e ben fatti, l’altra è il cibo, hamburger e panini con prodotti di aziende del territorio, a km 0, e poi le birre fra cui spicca la birra trappista Tre Fontane.
Chiediamo a Gianmarco come l’ha conosciuta. È merito di Stefano (ndr. Stefano Panci di DOC Roma) che me ne ha parlato spigandomi che era la prima birra trappista italiana, mi sono prenotato per averla in fusto prima ancora di essere invitato ad una visita all’Abbazia. E questo inverno sono arrivati i fusti. Credo di essere stato fra i primi ad averla.
Hai avuto difficoltà a proporla ai clienti? Assolutamente no, risponde Gianmarco, perché tutti conoscono lo stile trappista, o almeno i miei clienti con cui ho sempre avuto un rapporto di informazione sulle birre che proponevo; poi ovviamente ogni birra può piacere o meno ma sono abituato a spiegare, credo di poter dire che il mio pubblico non è neofita in fatto di birre. E che sia piaciuta, prosegue, lo dimostra il fatto che è una birra “fissa” alla spina.
Che tipo è il cliente che beve la Tre Fontane? Uno che ama degustare, non tracannare, ci dice, è difficile che me la chiedano in abbinamento ai nostri cibi, non abbiamo l’offerta gastronomica adatta al gusto speciale della Tre Fontane che secondo me richiede carni saporite e speziate o formaggi erborinati che ben si sposano con l’aroma di eucalipto.